Come è nata la Vmax 

 

PROJET MAXIMUM MACHO

Gli anni 80 resteranno nella memoria come gli anni “estremi”,  come il decennio dell’apparenza non dell’essere, quello dal facile consumismo, dell’avventura e dell’eclatante.Si scoprono i colori del divertimento, gli sport estremi; come il salto dai ponti con l’elastico, l’arrampicata libera su pareti estreme,  dove la creazione della Vmax  è l’incarnazione di questo periodo.L’asfalto non si risparmia e i costruttori di moto rivitalizzano l’immaginazione per catturare i motociclisti avidi di sensazioni.I progetti  più audaci avanzano e acquistano prepotentemente il primato per la loro realizzazione.Negli U.S.A. Harley Davidson presenta una moto, la Softail Sprinter, una moto moderna dallo stile improntato ai modelli degli anni ’40; un contesto fallito negli anni precedenti.Le prestazioni e la potenza sono concetti portati in avanti a livello commerciale anche dalle grandi marche d’automobili malgrado l’attitudine degli organi competenti a disapprovare questa nuova via.L’America delle 55 miglia/ora vive la velocità dualmente; rispettosa dei limiti sulle strade o  attingendola dai circuiti tipo Indianapolis o Daytona guardando con meraviglia le piste di Dragster dove le prestazioni si misurano sul quarto di miglio (400mt)  grosso modo la distanza che separa un semaforo dall’altro.

Una “Street Machine” nominata desiderio 

Il genere di veicolo che eccelle su questo terreno si chiama Street Machine:Negli anni ’50 eccelle  la Ford 1932 impreziosita dalle sue ali e munita di un motore V8 preparato secondo le regole dell’arte meccanica.Negli anni ’70, dominano nelle strade le “Muscle Cars”, veri e propri mostri di serie presenti nei cataloghi dei grandi costruttori che però la crisi petrolifera del ’72 ha impedito a questa passione ingorda di potenza bruta di continuare, fino allo strepitoso arrivo sul suolo americano della Vmax, nell’estate del 1984 capace di far tremare tutto al suo passaggio.Da dove arriva? Da quale miracolo la Yamaha ha saputo personificare così bene i fantasmi del culto americano alle prestazioni?Con quale talento gli ingegneri e gli stilisti della casa madre sono riusciti a dare una forma cosi perfetta all’espressone della brutalità meccanica?Dalle linee, sia armoniose che muscolose, dal motore che sembra voler fuoriuscire dal telaio, con la gomma posteriore enorme; elementi così eclatanti che hanno contribuito a seminare dello scompiglio nello spirito americano. Eppure la risposta a questo concetto è a Cypress in California negli uffici della Yamaha Motor Corporation U.S.A.Ed Burke,  ideatore geniale, con il suo staff di progettisti, hanno sognato, immaginato, disegnato e concepito la Vmax; nonostante si permettessero di brindare a champagne.Progetto tutto americano, che si fonde nelle Hot Rod, nelle muscle cars; moto immagine, appassionante, estrema.
Questo V4 è un pezzo d’arte meccanica impressionante; sormontato da una serie di 4 carburatori, con 4 cilindri, 4 valvole azionate direttamente dall’albero a cames. Soluzione che accetta gli alti regimi, raffreddato ad acqua e nel suo complesso elegante.

 

L’Origine della Vmax: UN’AUTOMOBILE!

All’immagine degli altri costruttori nipponici, Yamaha ha da molto tempo capito che il mercato possiede tante particolarità, tante sfaccettature diverse quanti sono gli stati mondiali; nel senso che non esiste una moto universale e che si venda con identico successo ovunque; per questo ogni territorio commerciale possiede un team di creatori e stilisti capaci di sviluppare dei progetti adatti al gusto di quel territorio. Negli U.S.A. Ed Burke e la sua squadra sono dei professionisti ben rodati, arrivati alla moto per passione più che per ambizione, con lo scopo di conquistare nuovi mercati.Si sono resi conto della grande emergente popolarità dei dragster e delle Hot Rods che adesso ritroviamo nei quatto angoli dell’america. Si stima che ci siano un milione e mezzo di appassionati.E’ l’immagine della macchina superpotente, la macchina “Run”, la macchina che la squadra di Ed Burke si concentrerà a progettare, studio denominato “Maximun Macho” o “Macho Power” un nome che la dice lunga.

 

Un’ immagine agitata

Gli americani sono ghiotti di status simbols, di immagine. Questo sarà alla base della “Macho Power”Un’immagine di seduzione, forte, aggressiva, mascolina, virile, esclusiva.Il resto, sarebbe a dire: l’ingegneria, la tecnica, la tenuta di strada, il confort ecc, ….. seguiranno.Una partenza insolita  nel concepire una moto.E’ quello che Ed Burke spiega con “Hands On”, “ mani dentro”.Si disegna un aspirato formidabile, con un motore stratosferico e in un secondo tempo ci si arrangerà a farlo funzionare, questo è il principio del “Hot Rod” applicato alla moto.Parliamo un po’ dell’”Hot Rod”.In maniera semplice, possiamo distinguere quatto elementi fondamentali nelle “Hot Rod”: il motore, un V8 modificato; la trasmissione rinforzata, il telaio semplice e solido e la carrozzeria magnifica e sconvolgente. La ricetta della Vmax è annunciata; resta solo da trovare gli ingredienti da attingere nel catalogo Yamaha, se possibile, affinché il progetto sia accettato  dalla direzione costi.Gli americani amano anche i motori a V.La Venture, moto di gran turismo sviluppata da Ed Burke, possiede un motore quattro cilindri da 1198 cc a V. Questa sarà la base meccanica,  verrà mantenuta la trasmissione a cardano, una scelta degli stilisti piuttosto che degli ingegneri. In effetti ogni componente deve far ricordare l’ispirazione di base, l’AUTO.Il telaio è da sviluppare, sforzandosi di rendere l’insieme armonioso, potente  in modo che la moto  si distingua come deve essere un prodotto d’alta  gamma.

 
La moto del designer  È molto semplice. Basta inspirarsi ai dragster e alle Hot Rods. L’anteriore deve avocare la leggerezza il posteriore la potenza.Quindi anteriormente una forcela fine, un faro piccolo e un parafanfo minimo.Nella zona centrale un motore massiccio e dettagliato, prese d’aria forzata, e un piccolo serbatoio.Al posteriore un enorme gomma (nel ’84 era la misura più grande nelle moto di serie) montata su un cerchio pieno e massiccio.Un altro concetto che darà il suo nome alla Vmax deve esprimersi nella forza. La velocità massima di gas attraverso il motore. Ecco perché delle due enormi prese d’aria che mettono in rilievo il tragitto dell’aria e i tubi di scarico che sembrano sputare fuori i gas combusti con il vigore di un motore del razzo Apollo.Siamo nel 1981, il progetto viene lanciato e si creano subito i primi schizzi.Allo studio di questi primi disegni ci si rende subito conto che lo spirito della moto è apparso già dai primi colpi di matita.L’evoluzione del progetto sono stati solo dei raffinamenti ai disegni di partenza.L’altro punto forte che domina la Vmax e quasi unico nel mondo della moto: La Vmax è una moto del designer!!In tutto il corso del progetto gli stilisti hanno piegato ai loro voleri gli ingegneri al fine d’ottenere una totale soddisfazione, qualcosa di mai visto nella progettazione.
 

Il V-Boost: Dei missili in aggiunta!!

In Giappone, il V4 della Venture viene aperto, esaminato e modificato. La sua architettura a 70° resta uguale ma le bielle, i pistoni e i cuscinetti vengono rinforzati.Le quattro valvole, per cilindro, vengono ingrandite. I carburatori venturi maggiorati beneficiando di un sistema di sovralimentazione: il V-Boost! A partire dei 5730giri/min un servo motore elettrico, controllato dal sistema d’accensione, apre una farfalla posta in un condotto che collega i due carburatori che alimentano i cilindri anteriore e posteriore, parzialmente aperta  fino ai 8000giri/min da qui in avanti totalmente aperta, questo porta a raddoppiare l’alimentazione  per ogni cilindro e a mettere a profitto l’effetto delle onde create dalla chiusura delle valvole ad alta velocità.Queste onde si trasferiscono alternativamente dai cilindri anteriore a quelli posteriori attraverso il condotto della farfalla e viene forzato il passaggio del gas con velocità massima.I quattro carburatori hanno l’effetto di otto, questo sistema possiede ugualmente il vantaggio di conservare una copia fenomenale a bassi regimi, di combinare potenza e copia a medi regimi, di salire rapidamente di giri per portarsi in un sol colpo ai piedi dei 145cv a partire dei 6000giri/min tutto questo senza la brutalità del turbo.Un idea formidabile, regolata dall’albero a cam dai regolaggi al tubo di scappamento che permettono d’arrivare ad una ammirevole potenza, e di ottenere la quint’essenza da un motore già disponibile sulla catena di montaggio.Il telaio in acciaio presenta delle similitudine con quello della Venture ma non gli deve niente, elaborato intorno al motore dagli ingegneri giapponesi tenendo conto dei fattori imposti dagli stilisti americani!! IL serbatoio viene posto sotto la sella al fine d’abbassare il centro di gravità, il motore viene montato al telaio con i silent-blocs e tenuto stretto per aumentare l’impatto visivo, il braccio oscillante viene allargato al fine di poter montare una ruota da 15” con un pneumatico 150/90 ed allungato per compensare l’effetto di contro-copia indotto dalla trasmissione a cardano.Il principio del serbatoio sotto la sella è un esempio di questa collaborazione particolare tra l’America e il Giappone quest’ultima a favore degli americani, per affinare la silhouette conservando un minimo di capienza, viene posto nella morsa del telaio, il rifornimento si effettua con lo spostamento della parte centrale della sella, questa soluzione che privilegia la linea generale della moto a scapito della praticità non ha subito nessun cambiamento da parte dei dirigenti giapponesi. Un fatto che contribuisce, indirettamente, a l’effetto di seduzione della Vmax, una moto accattivante nella misura dei suoi difetti piuttosto che delle sue qualità.
 

Un’accoglienza entusiasmante!

1983 due anni sono passati dalla messa in cantiere del progetto “Macho power”. Ed Burke ha fatto non pochi andate e ritorni tra l’America e il Giappone, il concetto rifiutato nel primo anno è stato finalmente accettato dalla casa madre.Gli elementi sono assemblati in California e gli stilisti si possono buttare a capo fitto sul modello in argilla in scala 1:1 con una assomiglianza impressionante al modello definitivo.Un dossier confidenziale sulla Vmax viene distribuito ad un numero limitato di concessionari confidenzialmente consultati. La risposta di questi supera ogni aspettativa della Yamaha.L’accoglienza è cosi strabiliante che si prefigura un formidabile successo.La messa in produzione è decisa in base a questo responso plebiscitario, le prime Vmax sono distribuite negli U.S.A. nell’anno 1984, spinta da una promozione pubblicitaria che conferma lo spirito di potenza della Vmax.La stampa specializzata americana litiga per provare questa motocicletta fuori dal comune.Nel frattempo, in Francia, Jean-Claude Olivier che dirige la società d’importazione dei prodotti Yamaha, ha seguito ogni passo del progetto e si batte per poterlo distribuire in Francia e di seguito nell’intera Europa.